INTERVISTA A STING, DA REPUBBLICA

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Robert81
view post Posted on 2/10/2010, 11:38




INTERVISTA A STING www.repubblica.it 2 ottobre 2010

Oggi compie 59 anni. «Niente festa di compleanno», dice Sting rilassandosi al lume di candela nel camerino dell'Arena di Ginevra, un'ora prima di salire in scena.
È la 55ª tappa del tour Symphonicity, che prevede quattro appuntamenti italiani, il 25 ottobre a Firenze, il 2 novembre a Milano, il 3 a Torino e il 10 a Roma. «Vorrei aggiungere almeno una data in un palasport», riflette, «i biglietti sono volati via in una settimana e il disco in Italia ha venduto quasi 50 mila copie, bel risultato». Un'avventura presuntuosa sulla carta, assolutamente godibile in concerto, che lo vede sul palco con la Royal Philharmonic Orchestra diretta da Steven Mercurio, dopo la pubblicazione dell'omonimo album (ed. Deutsche Grammophon) in cui reinterpreta in chiave sinfonica classici dei Police e della sua carriera solistica.

È duro l'approccio con l'orchestra? Richiede più disciplina?
«Disciplina è una parola che mi piace. L'orchestra all'inizio era un'entità astratta, avevamo paura di non riuscire a penetrare gli uni il mondo dell'altro. Ora è la mia band. Quanti bravi compositori e interpreti hannomolti. Sarei un pazzo se non mi considerassi fortunato».

Spostamenti, fusi orari, cambiamenti climatici; come fa a tenersi in forma?
«Mi riguardo. Mangio poco, medito molto, non faccio cazzate. Disciplina. Sono molto vanitoso. Omnia vanitas: non voglio rinunciare alla linea, al ventre piatto al viso che tutti conoscono, e che comincia a piacere anche a me».

È difficile per una leggenda del pop fare scelte ardite senza rischiare di scontentare i fan?
«Da quando i Police si sono sciolti ho sempre deciso senza pormi troppi problemi. Il pubblico ti segue se non lo deludi. Avrebbe potuto abbandonarmi quando lasciai il gruppo, invece è ancora là fuori».

La reunion dei Police, due album di musiche antiche, ora un tour con le vecchie canzoni. Non si starà mica impigrendo come compositore?
«Pigro io? Sacrilegio! Andando in là con gli anni, scrivere diventa più difficile: hai più filtri, una maggiore consapevolezza, un livello superiore di autocritica. Quando sei giovane, come i miei figli, scrivi d'istinto, pretendi che tutto quel che fai sia buono. Mi rivedo nell'entusiasmo di Joe (ora in tour con la sua band, i Fiction Plane, ndr), nell'ispirazione torrenziale di Coco (pubblica a novembre l'album d'esordio, The Constant, col nome di I Blame Coco, ndr). Invecchiando, il processo rallenta, ma la qualità migliora».


Ha ascoltato il disco di sua figlia? È una dura, dice di non approvare il vostro stile di vita ostriche e champagne.
«È fantastico. Pop duro. Mi piacciono le sue dolcissime intrusioni di chitarra. Oddio, mica tanto dolci, ma io sono suo padre, per me sono confetti. Ha deciso tutto da sola, non ha seguito uno solo dei consigli che le ho dato. Ora i giornali cercano di spingere l'immagine della punk, della figlia ribelle. Non c'è niente di vero, è tenera e affettuosa».

Quasi tutti i suoi figli stanno tentando la scalata al mondo dello spettacolo. La cosa crea qualche trepidazione in lei e sua moglie Trudy?
«Siamo rassegnati. Nonostante abbia trascorso una vita a metterli in guardia dalle insidie dello show business, ci sono dentro fino al collo. Due musicisti, due attrici e una regista. Mi resta la speranza che Giacomo, il più piccolo, faccia l'avvocato. A Joe e Coco ho sempre detto, se volete fare musica, pensate prima di tutto al vostro piacere. Non partite con l'idea di diventare famosi e fare soldi, concentratevi sul bene che la musica fa alla vostra anima, altrimenti il rischio di finire male è altissimo. Siamo fieri di Coco, ma siamo pur sempre i suoi genitori. Vogliamo che sia felice. E sappiamo che felicità e successo non corrono nella stessa direzione».

E poi l'industria della musica non naviga in buone acque...
«Sono anni difficili per il pop. Pare che il meglio appartenga al passato. Una crisi d'idee… ma non è la stessa crisi che stiamo attraversando a livello filosofico religioso e politico?».

Le classifiche sono ostaggio dei talent show, le vendite scemano.
«X-Factor usa gli stereotipi del pop per creare false aspettative. Non c'è niente di più dannoso per un giovane che essere definito il nuovo Sting o il nuovo Elton John o la nuova Beyoncé. Non ho mai sentito nessuno di quei "giudici" dire, cerca di essere unico, di lasciare il segno. Ma chi sono quelli per giudicare? Chi li ha abilitati a giudicare? È una cosa completamente falsa, vecchia. Televisione. La musica è un'altra cosa. Io in tv guardo solo il calcio: Fiorentina e Newcastle».

La decisione di suonare in Uzbekistan, un paese dove i diritti umani vengono calpestati, ha suscitato scalpore (anche per il compenso, oltre un milione di euro). Gli editorialisti inglesi si sono scatenati, soprattutto davanti alla foto che ritrae Sting a una sfilata di moda cheek to cheek con Gulnara Karimova, la figlia di un presidente accusato, tra l'altro, di sfruttare il lavoro minorile.
Non ha pensato che questo potesse gettare discredito sulla sua lunga storia di attivista?

«È vero, l'Uzbekistan è un paese che si beffa dei diritti umani. Ma non mi risulta che sia soggetto a un embargo culturale come, all'epoca, il Sudafrica. Se questo avvenisse, la società uzbeka diventerebbe più paranoica, più aggressiva nei nostri confronti. Arte, giornalismo, imprese, circolazione delle idee - e io credo nel potere della musica - sono tutte cose che fanno bene ai paesi con regimi totalitari. Quanto alla Karimova, probabilmente sarà lei a governare il paese un giorno, ed è molto più sensibile di suo padre alla cultura. E allora perché no? Lasciamo le porte aperte».

In futuro ancora musica antica?
«Ho in mente uno spettacolo teatrale basato su The Soul Cages (l'album del 1991 scritto in seguito alla morte del padre, ndr). Sta passando la mentalità che la musica deve essere gratuita, meglio esplorare nuovi territori, perché magari l'anno prossimo il disco sarà scomparso».

 
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